
Studenti e studentesse da Italia, Regno Unito, Canada e Belgio, a Venezia per una Summer School, camminano intorno ai Frari osservando i cartelli. Affissioni comunali o affissioni “dal basso”. Grafica a stampa e scritte a mano. Lingue utilizzate e lingue escluse. Percezioni e idee su come viene comunicata la città in una zona turistica.
Nell’ambito della Summer School, Linguistic Landscapes: Using Signs and Symbols to Translate Cities, il nostro team è stato incaricato di realizzare un caso di studio partendo dalla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari nel sestiere di San Polo, a Venezia.
Esplorando la zona dei Frari, abbiamo davanti a un bar in calle de le Chiovere il cartello che abbiamo messo in apertura del nostro articolo. Cosa ci dice questo testo “divergente” sul pubblico potenziale? Cosa ci dicono gli errori di ortografia sul proprietario o sul creatore? (cfr. Spolsky, p. 31).

Le domande sollevate da questa immagine hanno stimolato la nostra curiosità per la segnaletica multilingue. Abbiamo quindi deciso di concentrarci sui cartelli che contengono più di una lingua (cfr. Backhaus 2006 su Tokyo, Moser 2020 sulla città di Lussemburgo). Per motivi di tempo, abbiamo tralasciato l’area ombreggiata del sestiere, limitando la nostra analisi alle strade immediatamente circostanti Santa Maria Gloriosa dei Frari, che attraversano le insule dei Frari e dei Nomboli. Abbiamo esaminato anche il percorso più breve dalla basilica alla fermata del vaporetto più vicina, San Tomà, poiché si tratta di un percorso comunemente seguito da noi e da altri turisti (cfr. Lynch 1960, pp. 46-49).

Inoltre, abbiamo considerato solo cartelli di formato A4 o superiore. I criteri di dimensione e di lingua hanno permesso una raccolta sistematica e approfondita dei dati nell’area definita. Alla fine il nostro corpus ha compreso 105 cartelli.
La duplicazione
Fin dall’inizio di questo progetto, sapevamo che le nostre prospettive su Venezia e i suoi sestieri sarebbero state influenzate dalle nostre diverse identità – turisti, studenti – e dalle nostre capacità, dai nostri interessi e background individuali. Per questi motivi, abbiamo pensato a come analizzare al meglio i sestieri attraverso una lente oggettiva, utilizzando statistiche e tassonomie, per mettere in discussione la nostra percezione.
Dei 105 cartelli che abbiamo catalogato, ce n’erano 44 replicati (vedi grafico sotto); lo scopo della maggior parte di quelli in copia era di fare pubblicità, e non di fornire altre informazioni o avvisi. Ciò suggerisce che i tipi di cartelli replicati sono stati finanziati da soggetti e organizzazioni che avevano i mezzi per farlo. Ciò è evidente in quanto i cartelli più replicati pubblicizzano mostre culturali. Ciò induce a chiedersi chi sia il pubblico a cui sono destinati: abitanti del luogo o turisti?

Come visitatori di breve durata a Venezia, questa dicotomia permea ogni parte della nostra analisi, così come la condizione stessa di Venezia come destinazione turistica di massa. Ciò è ulteriormente enfatizzato dalla polarità tra bilinguismo e altre forme di multilinguismo, come indica il grafico seguente.

Molti dei cartelli duplicati riportavano anche la documentazione legale richiesta a Venezia per l’affissione. Questo suggerisce che esiste un livello di controllo, da parte di chi ha i mezzi per farlo, su come Venezia viene comunicata e percepita. L’attenzione è rivolta ai turisti, il che contribuisce ad alimentare l’economia, ma si cura poco degli abitanti, che producono a mano una loro segnaletica con mezzi più modesti.
Discorsi
Come già accennato, nell’ambito della ricerca sul campo è stato analizzato un insieme specifico di cartelli, per i quali si applicano diverse tassonomie. Una delle diverse prospettive utilizzate per analizzare questi segni è il tentativo di categorizzarli, inoltre prestiamo grande attenzione al discorso “artistico”.

Nonostante l’apparenza monolingue, la particolarità di questo annuncio sta nel fatto che non è scritto completamente in italiano. Il titolo recita “LIMINIS”, genitivo della parola latina limen, che si traduce con soglia o ingresso in senso concreto o metaforico. È utilizzato per pubblicizzare un festival teatrale. Il sottotitolo “AGIRE NELLE SOGLIE” aggiunge a questa sorta di scambio che avviene nelle soglie un significato misto, una sensazione di separazione e continuità tra interno ed esterno.
La grafica utilizzata nel manifesto connota una porta che accompagna il titolo, enfatizzando l’uso dello spazio liminare, che culmina in un potente esempio di segno multimodale.
Iniziative dal basso

Il nostro corpus evidenzia “iniziative dal basso”: quei cartelli privati in cui l’autore o l’autrice ha scelto di includere lingue diverse dall’italiano nei propri annunci. Questo naturalmente può avere molteplici implicazioni: per esempio, una “apertura”.
Il cartello che riproduciamo qui è scritto in più lingue. Vediamo in alto una targhetta con scritto “APERTO”, che possiamo supporre sia stato esposto per primo. In basso c’è un foglio con lo stesso “APERTO” in lettere stampate, al quale sono state aggiunte, a mano, le parole “OPEN”, “ABIERTO”, “OUVERT” e “GEÖFFNET”. Il proprietario ha deciso di ampliare il proprio raggio d’azione aggiungendo la parola aperto in più lingue.
Lo stesso tipo di schema si ritrova nelle insegne commerciali che vediamo nelle immagini seguenti:


Si tratta di due diversi negozi che pubblicizzano, entrambi in più di due lingue, laboratori di creazione di maschere, forse anche in concorrenza tra loro. Sebbene possa essere percepito come un’apertura verso chi parla lingue diverse dall’italiano, può anche essere visto come una tattica commerciale.
Poiché questi cartelli riportano più di due lingue, ci si chiede se questo possa ampliare la loro portata rispetto a quelli che riportano solo l’inglese e l’italiano.
Tuttavia, al di là di queste banali tecniche commerciali, è possibile che la decisione di sfruttare o escludere alcune lingue dai cartelli di Venezia indichi un pregiudizio più implicito, ma sottile, nei confronti di chi visita la città? Più precisamente, le lingue vengono selezionate in modo da escludere gruppi di individui dal discorso della città, permettendo solo ad alcuni di accedere alle informazioni presentate attraverso la segnaletica? Prendiamo per esempio il seguente cartello:

A prima vista, ci troviamo di fronte a un semplice cartello turistico, che indica il prezzo d’ingresso, gli orari di visita e l’abbigliamento consentito quando si entra nella famosa basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Tuttavia, scavando sotto la superficie, si potrebbe ipotizzare che la decisione di tradurre alcune parti in diverse lingue (per esempio “audioguida”), costituisca una modalità che consente di rivolgersi attivamente a specifiche nazionalità escludendone altre.
Ciò diventa particolarmente evidente se si considera la sezione del testo che si riferisce a “i residenti nel Comune di Venezia”, in cui si afferma che “i residenti del Comune di Venezia possono entrare gratuitamente mostrando la carta d’identità alla biglietteria”, scritta esclusivamente in italiano. Ciò pone le seguenti domande: perché ci si rivolge ai veneziani in italiano standard, anziché in veneziano? Sicuramente questo sarebbe un metodo efficace per affrontare la progressiva estinzione dei dialetti nel contesto italiano. Tuttavia, a parte il fatto che una delle caratteristiche dei dialetti è il loro uso quasi esclusivo nella comunicazione orale, sarebbe una contraddizione in termini di audience design scrivere nel dialetto locale un messaggio ufficiale sull’esenzione dal biglietto d’ingresso a uno dei monumenti più importanti di Venezia noto nel mondo. Inoltre, poiché non tutti i residenti di Venezia sono nati e cresciuti con il dialetto locale, l’uso dell’italiano standard, che si presume sia onnipresente tra tutti i residenti di questa città italiana, sembra essere la scelta ottimale in questa situazione. A un livello più profondo, queste prime osservazioni sollevano interessanti domande di ricerca sulle ideologie e sui pregiudizi impliciti di chi crea questo tipo di segnaletica.
Conclusioni
In conclusione, dobbiamo considerare che, con più tempo e allargando lo spazio di indagine, potremmo condurre un esame più approfondito dell’area e delle diverse tassonomie. Un’opzione da considerare riguarda il metodo di raccolta dei dati, che potremmo applicare alle tassonomie linguistiche o alla frequenza ecc. In particolare, il metodo dell’eye-trackingsi è rivelato estremamente efficace in questa fase e sembra avere un grande potenziale nel campo della linguistica applicata e della semiotica (si veda, tra gli altri studi, Chana et al. 2023). Nella nostra analisi, presentando i diversi modi di comunicare al pubblico nella zona dei Frari, siamo stati in grado di rilevare l’uso di più lingue su cartelli frutto di iniziative dal basso.
Bibliografia
Backhaus, Peter 2006. Linguistic Landscapes: A Comparative Study of Urban Multilingualism in Tokyo. Clevedon, Multilingual Matters, https://www.degruyterbrill.com/document/doi/10.21832/9781853599484/html
Chana, Kirren, et al. 2023. Reading in the city: mobile eye-tracking and evaluation of text in an everyday setting, in «Frontiers in Psychology», 14, consultabile online. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2023.1205913
Lynch, Kevin 1960. The Image of the City, MIT Press, Cambridge, Mass.-London.
Moser, Philippe 2020. Linguistic Landscape als Spiegelbild von Sprachpolitik und Sprachdemografie? Untersuchungen zu Freiburg, Murten, Biel, Aosta, Luxemburg und Aarau. Narr Francke Attempto Verlag, Tübingen.
Spolsky, Bernard 2008. Prolegomena to a Sociolinguistic Theory of Public Signage, in Linguistic Landscape. Expanding the Scenery, ed. by Elana Shohamy, Durk Gorter, Routledge, New York, pp. 25-39.
Nota. Titolo originale: The Creame of the Crop: an Analysis of Multilingual Signs around the Frari, Venice pubblicato il 28 agosto 2024 sul sito Imperial & Global Forum. Traduzione a cura di altrochemestre. La ricerca è stata condotta nell’ambito di Linguistic Landscape Using Signs and Symbols to Translate Cities, Summer School organizzata dalla Venice International University nel 2024 e diretta da Kurt Feyaerts (KU Leuven), Claire Holleran (University of Exeter), Eliana Maestri (University of Exeter), Michela Maguolo (Iuav Venezia), Luca Pes (Venice International University), Paul Sambre (KU Leuven), Richard Toye (University of Exeter). All’epoca Katie Baker ed Emily Cooper erano all’università di Exeter, Gabriel Labrie a quella di Montréal, Nicla Pennacchio a Ca’ Foscari Venezia, Esther Roza a KU Leuven.
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