
Prendere “lezioni” o “analogie” dalla storia. Il riarmo produce la guerra e gli Stati non sono più razionali degli individui. Attingere allo spirito internazionalista della Resistenza: ma questa volta cominciare la Resistenza prima della guerra. Intervista impossibile a uno storico del Novecento, a cura di Piero Brunello.
Nota. Edward Palmer Thompson (1924-1993) è stato uno storico britannico. Nel periodo della Guerra fredda ha partecipato attivamente ai movimenti per il disarmo nucleare, per il superamento dei blocchi e per “la pace e la libertà” all’Ovest e all’Est Europa, allora divisi tra Patto Atlantico e Patto di Varsavia. (pb)
Piero Brunello Buongiorno prof. Thompson, grazie anche a nome della redazione di altrochemestre.it per aver accettato questa intervista; vorrei entrare subito nel merito delle cose che ci preoccupano, e cioè le politiche di riarmo contro cui lei si è battuto per molti anni…
Edward P. Thompson Buongiorno, grazie a lei… Ho accettato ben volentieri perché la minaccia alla pace e alla libertà è ancora più incombente oggi che all’epoca della mia militanza attiva.
PB Possiamo cominciare dal fatto che il governo degli Stati Uniti non vuole più saperne dell’Europa, neanche per disporre armi sul suo territorio. Questa cosa la sorprende?
EPT Non proprio, l’Europa avrebbe dovuto affrancarsi dagli Stati Uniti da molto tempo. In un discorso del 1981 dicevo di aver attraversato l’Atlantico molte volte e di aver sempre constatato che, mentre il tempo di volo si riduceva, l’oceano Atlantico si allargava sempre più. Le differenze? Gli Stati Uniti erano allora – e sono tuttora – l’unica grande società avanzata a non aver mai conosciuto un movimento politico laburista o un partito socialdemocratico che avesse partecipato al governo; andava e va a votare una piccola minoranza; e poi la politica americana era già allora subordinata a esigenze di politica interna. Mi ha sempre colpito nel corso dei miei viaggi che il cittadino medio americano non veniva a sapere nulla degli affari europei dai giornali o dai canali televisivi locali. Quando dicevo queste cose, l’amministrazione statunitense era isolazionista, ma il suo era un isolazionismo armato di armi nucleari. Per riprendere le mie parole di allora: “Muscoli militari e forza delle armi nucleari sono visti come un sostituto, non un complemento, della diplomazia”.
PB Conosco il suo discorso. Allora lei concludeva: “Come può oggi un atlantista europeo esercitare una qualche influenza su una simile amministrazione?”, e poco dopo: “Né la tradizione socialista né quella liberale europea possono più consorziarsi facilmente con una egemonia globale americana, le cui priorità sono sempre più nude, determinate dalle esigenze della riproduzione del capitale americano”. Oggi la stessa Europa sta voltando le spalle alla sua tradizione socialista e liberale, e anche qui il voto è esercitato da una piccola minoranza…
EPT In ogni caso, oggi come allora, la questione continua a essere europea e deve trovare la sua soluzione in Europa, che dovrà riscoprire la sua tradizione, il suo spirito…
PB A che cosa pensa quando si riferisce all’Europa?
EPT Con l’età sono diventato sempre più antistatalista, non mi fido del potere dello Stato, penso che si debba agire in qualche modo contro gli Stati. Penso a quando nella storia i popoli hanno spiazzato gli Stati e sfidato le strutture ideologiche e di sicurezza degli Stati stessi. Penso a movimenti fluidi, non regolati e imprevedibili. Come ho detto più volte, le decisioni di produrre armi, di disporle nel territorio e di impiegarle sono prese da poche centinaia di persone, in segreto, mentre per controllare, impedire o invertire queste decisioni serve l’impegno volontario di centinaia di migliaia di persone, nelle scuole, nelle chiese, nelle piazze… Stiamo scendendo dalla parte sbagliata della scala mobile, e se smettiamo di correre saremo portati in cima…
PB Ha nominato, seppur di sfuggita, la Storia, pensa che la storia possa insegnarci qualcosa?
EPT Non sarà anche lei uno che chiede omelie sulle “lezioni della storia”? Lezioni tra virgolette, s’intende…
PB “Lezioni” no, ma ci sarà qualcosa che possiamo imparare dalla Storia.
EPT Che cosa possiamo imparare? Per cominciare che la storia non si ripete mai…
PB Eppure alcuni grandi temi ricorrono, come dimostrano i suoi stessi studi sulla cultura delle classi popolari inglesi
EPT Ricorrono, a patto di riflettere sulle analogie storiche che usiamo. Lo dirò ancora una volta con le parole del discorso a cui ho fatto riferimento. «Negli anni Trenta era opinione diffusa che la Prima guerra mondiale fosse stata causata da una corsa agli armamenti e da una logica di alleanze automatiche, e per questo non furono prese misure essenziali di sicurezza collettiva per fermare Hitler e per prevenire la Seconda guerra mondiale. Oggi la “lezione” della Seconda guerra mondiale è impressa nella mente dell’opinione pubblica, mentre è stata dimenticata la “lezione” della Prima guerra. E poiché è diffusa la convinzione che la debolezza militare e l’acquiescenza abbiano causato la Seconda guerra mondiale, molte persone ora accettano nuove forme di militarizzazione che, se non controllate, ci porteranno alla Terza guerra mondiale». Queste parole erano dette in piena Guerra fredda, ma oggi mi sembrano ancora più attuali.
PB Rimaniamo, se è d’accordo, su questa analogia. All’epoca della Guerra fredda lei ha osservato che gli anni Trenta hanno impresso nella memoria europea “l’immagine di una grande potenza militarista ed espansiva (la Germania nazista), il cui appetito era ogni volta alimentato da un nuovo tentativo di riappacificazione, e che aveva un’insaziabile spinta a conquistare tutta l’Europa, se non il mondo”; e ha aggiunto che su questa premessa politici e ideologi, a Ovest e a Est, sono sempre parole sue, “hanno indicato questo insaziabile potenziale aggressore rispettivamente in Russia e in America”. Può essere un’analogia tuttora convincente, no?
EPT Mah… questa analogia mi è sempre parsa basata non sulla memoria bensì sull’assenza di memoria, dovuta al fatto, come ho appena detto, che la memoria della Seconda guerra mondiale ha cancellato il ricordo della Prima. È una spiegazione che ci appare plausibile semplicemente perché sembra familiare. Quello che voglio suggerire è di resistere al potere suggestivo della memoria, e di tener presente che dove la disciplina storica può essere utile è laddove può insegnare non una “lezione”, ma più di una.
PB Perché ci tiene a ribadire questa sua avvertenza? Non è sufficiente conoscere quanto è accaduto per scongiurarlo?
EPT Lo dico perché gli eventi con cui gli storici hanno a che fare contraddicono continuamente le aspettative degli attori che li hanno creati. Come ho avuto modo di dire: “La storia è la storia delle conseguenze non volute. Si fanno rivoluzioni, si pubblicano manifesti, si vincono battaglie: ma il risultato, a distanza di venti o trent’anni, è sempre qualcosa che nessuno aveva voluto e che nessuno si aspettava”.
PB Se non ricordo male, a lei piaceva ricordare a questo proposito Boris Pasternak…
EPT Mi piaceva ricordare il grande poeta russo, allora vietato nel suo paese, perché ho sempre considerato la ricerca della pace e della libertà strettamente legate assieme, a Ovest come a Est (se queste parole hanno un senso ancora oggi in cui la nozione di Occidente sembra aver perso di senso). Pensando alla rivoluzione di Ottobre, Pasternak riflette sulle “conseguenze delle conseguenze”. Mi è sempre piaciuta questa frase: “le conseguenze delle conseguenze”, e vorrei che potessimo vedere il riarmo dell’Europa in questo modo e non in termini di intenzione degli attori.
PB Vuol dire che i suoi studi sulla Storia l’hanno portata a credere che gli eventi, una volta messi in moto, hanno una loro logica che sfugge alla volontà e alle previsioni degli attori?
EPT Sì…. i discorsi sul riarmo attribuiscono agli Stati una razionalità che si fa fatica a trovare nella Storia, oltre a non tenere conto delle impennate di panico o di nazionalismo, o dei fraintendimenti delle azioni dell’Altro. Per non parlare poi di quando i teorici del riarmo garantiscono una precisione e una prevedibilità nelle operazioni militari. I vecchi soldati – posso dirlo perché ho combattuto a Cassino –, i vecchi soldati sanno che il Generale che comanda entrambi i campi di battaglia è il Generale Casino.
PB Quando Pasternak parla di “conseguenze delle conseguenze”, sembra riferirsi alla logica interna e agli automatismi propri delle strutture politiche, militari, economiche e ideologiche…
EPT Automatismi, concatenazioni, apparati… Nascono nel momento stesso in cui si propone e si vuole il riarmo invece di trovare soluzioni politiche, escludendo come irrilevante tutto ciò che è estraneo alle armi. Da quel momento il militarismo consolida il proprio potere, rafforza i servizi di sicurezza e le ideologie che ne derivano, militarizza i civili, affida le decisioni ai complessi militari-industriali, ha bisogno di una perpetua crisi bellica…
PB Potremmo dire che non si fanno guerre per produrre armi, ma che si producono armi per fare guerre…
EPT Di sicuro ci stiamo preparando al tipo di società che fa la guerra. Proprio perché ho dedicato la mia vita allo studio della Storia, non penso alla malvagità degli attori sociali, non penso in termini di origini, intenzioni eccetera. Penso alla forza dell’inerzia. Come ha scritto Wright Mills tempo fa, la causa immediata della terza guerra mondiale è la sua preparazione…
PB Lei ha sempre ribadito che se vogliamo sopravvivere dobbiamo fare di più che protestare: cominciare a rimettere l’Europa insieme. E come si potrebbe fare?
EPT Certamente non con la vittoria di una parte sull’altra. Ciò significherebbe una guerra. C’è uno spirito a cui i popoli europei possono attingere, ed è lo spirito della Resistenza, che è stato il più grande movimento religioso e politico della storia europea: quello spirito internazionalista può ancora motivare migliaia e migliaia di persone verso l’imperativo della sopravvivenza, dei diritti, della libertà e della pace. È il più grande regalo che possiamo fare al futuro, e se non lo facciamo temo non ci sarà futuro. Mi piace riprendere ancora una volta quanto dicevo più di quarant’anni fa. Questa volta la Resistenza “deve sorgere, non sulla scia della guerra e della repressione, ma prima che queste abbiano luogo. Cinque minuti dopo, sarà troppo tardi.”
PB Un riarmo che si fonda sulla logica della Guerra fredda e sull’analogia con gli anni Trenta, ma che può produrre l’esito che ebbero le mobilitazioni generali degli Stati europei nell’estate del 1914: o un altro esito che al momento non sappiamo immaginare. Non è propriamente una bella situazione…
EPT Nel 1981 dicevo che non abbiamo scelto noi di vivere in questo tempo, ma che non c’è modo di uscirne. Allora dicevo che quelli di noi che non si aspettano una vita dopo la morte potrebbero vedere in questo la nostra unica immortalità: poter trasmettere la continuità della vita, la continuità della cultura. “Può anche darsi – dicevo – che siamo più felici quando siamo impegnati in questioni più grandi delle nostre volontà e di noi stessi”. Vorrei ripeterlo anche in questi momenti, per spingere a uscire dall’apatia, a reagire…
PB Grazie prof. Thompson per le sue parole, che ci fanno sentire meno soli, e che cercheremo di far conoscere.
Nota. Le parole di E.P. Thompson si basano fedelmente sugli scritti raccolti in Edward P. Thompson, Opzione zero. Una proposta per il disarmo nucleare, trad. di Francesco Ciafaloni, Einaudi, Torino 1983 (ora PGreco, Milano 2023; ed. orig. The Merlin Press, London 1982): l’espressione “Generale Casino” è nella traduzione italiana. Le citazioni virgolettate sono una mia traduzione di E.P. Thompson, Beyond the Cold War, Merlin Press, London 1982, ora consultabile online in https://digitalarchive.wilsoncenter.org/document/beyond-cold-war, che si legge in edizione italiana nella già citata raccolta Opzione zero. Lo scritto di Charles Wright Mills è The Causes of World War Three, Simon and Schuster, New York 1958 (ed. it. Le cause della terza guerra mondiale, trad. di Luciano Bianciardi, Feltrinelli, Milano 1959).
L’immagine di apertura (E.P. Thompson at 1980 protest rally) proviene da Wikimedia Commons (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:E_P_Thompson_at_1980_protest_rally.JPG).
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