Immagini, colori e scritte; cornici, fondali e profili portaprezzo; cartoline storiche e territorio. Grafica e accessori di un supermercato come elementi di marketing. Piero Brunello intervista un grafico che lavora con aziende della grande distribuzione.
In che cosa consiste il tuo lavoro?
Lavoro per la Top Display, una srl che lavora con le aziende della grande distribuzione, come l’Unicomm che gestisce i marchi Famila, Mega, Emisfero e A&O, l’Aspiag che gestisce Despar, Eurospar e Interspar, la Vega, che ha in gestione i marchi Maxì, Tulipano, Eurospin e così via. Noi forniamo qualunque tipo di accessorio venga usato all’interno dei supermercati per la gestione quotidiana dei prezzi e per la comunicazione delle offerte o dei messaggi pubblicitari, come per esempio i profili portaprezzi dove si agganciano le etichette elettroniche, cornici, piantane e così via. Inoltre forniamo materiale stampato che serve a creare l’ambientazione all’interno dei reparti: le foto di un campo per l’ambientazione del reparto ortofrutta, i fondali rivestiti di legno per il reparto cantina eccetera. Quando viene costruito un supermercato, siamo gli ultimi che entriamo, e “facciamo bello”, come si dice: facciamo insomma i decori finali per rendere gli ambienti accattivanti. Per fare questo ci appoggiamo ad aziende che producono cornicette, ganci e tutti gli altri accessori: con alcune di queste aziende – una turca, una francese, una spagnola – siamo diventati partner.
Dove si trova l’azienda? Com’è nata?
L’azienda si trova a Marcon, in un contesto urbano; era sorta in mezzo ai campi, poi tutto attorno hanno costruito case, la strada di accesso è rimasta stretta e l’azienda è rimasta lì. Prima della costituzione dell’azienda, una quarantina di anni fa circa il titolare andava in giro per i supermercati a vendere prezzatrici e altri accessori per la comunicazione del prezzo; poi con il cognato e il figlio hanno aperto un magazzino per depositare la merce; la Top Display è nata con cinque persone nel 2011, per produrre direttamente accessori per la comunicazione dei prezzi invece di venderli solo. In Italia le aziende di questo tipo sono poche: che io sappia ne esistono sicuramente altre tre. Noi operiamo in tutto il Triveneto, in Lombardia e in Emilia Romagna.
E tu da quando lavori lì?
Lavoro là dal 2014, avevo ventotto anni; ci sono arrivato grazie a una agenzia interinale; mi ero proposto come grafico, e la ditta stava sviluppando l’ufficio grafico, aveva appena comperato una grande macchina da stampa e una macchina da taglio; ho fatto tre mesi e poi per fortuna sono stato assunto a tempo indeterminato nell’ufficio grafico.
In quanti siete? Quante ore di lavoro fate?
Noi siamo in quindici, tutti a tempo indeterminato, sia uomini sia donne, età media tra 30 e i 40 anni, parecchi sotto i trent’anni, i titolari lavorano e sono presenti. Lavoriamo dalle 8 di mattina alle 18, con due ore di pausa pranzo; l’azienda paga il pranzo, ma di solito, a meno che non ci siano lavori pressanti per esempio più aperture di supermercati concomitanti, io torno a casa durante la pausa, visto che abito a tre chilometri. Il nostro ufficio grafico consta sostanzialmente di due persone, a volte con l’apporto di una terza. Il 90% del tempo lo passo al computer, il rimanente 10% nella zona di produzione per verificare il risultato e il materiale. Oltre al reparto amministrativo, allo studio grafico e al magazzino, c’è una zona di produzione con una grande macchina da stampa su supporti rigidi e morbidi (adesivi), una altrettanto grande per il taglio dei materiali, due piegatrici per il plexiglas, una macchina per il taglio laser, una taglierina che taglia automaticamente i fogli stampati… Abbiamo anche due montatori che fanno il lavoro nei supermercati assieme ad aziende terze a cui ci affidiamo. In questo modo diamo al cliente il prodotto finito. Non appena siamo passati noi, arrivano quelli che dispongono la merce sugli scaffali.
Voi vi occupate della parte visiva, se così si può dire…
Sì, i responsabili del marketing di un gruppo gestiscono la comunicazione e l’aspetto generale che dovrà avere un supermercato. Noi siamo la parte esecutiva. Poi dipende da quanto grande è l’azienda: più grande è, più ha una linea-guida su come deve essere l’aspetto del supermercato. Per esempio se tu entri in un Despar, che sia a Mestre o a Mogliano o in Emilia o in Lombardia, l’interno sarà sempre uguale, pareti marrone nei reparti dei freschi, pareti beige nei reparti dello scatolame e del no food, e ambientazioni sempre uguali dei reparti (la forma di grana in gastronomia, un campo in ortofrutta, la foto di una cantina in enoteca). Altri gruppi invece più piccolini, come Visotto, si sono affidati a noi per la creazione dell’immagine.
Arriva una richiesta: a questo punto cosa succede?
Noi ci occupiamo o di nuove aperture, o di ristrutturazioni. Sappiamo per esempio che Famila aprirà in quella zona tra tre-quattro mesi. Quando cominciano i lavori andiamo a fare un sopralluogo, verifichiamo gli ambienti e gli spazi che abbiamo a disposizione, e in sinergia con l’ufficio marketing dell’azienda cominciamo a creare le ambientazioni. Come ti ho detto, per grandi gruppi le ambientazioni sono abbastanza definite (claim, scritte di reparto e così via); per i piccoli gruppi invece, nei quali l’ufficio marketing non ha una linea-guida, facciamo i rilievi e nel mio ufficio, che è l’ufficio grafico, progettiamo l’ambientazione, i modi di comunicare al cliente; facciamo una bozza con visualizzazioni digitali (immagini 3D, fotomontaggi) e la proponiamo al cliente, che fa qualche modifica.
Cosa vuol dire “far bello” un supermercato?
Il primo reparto in un supermercato è l’ortofrutta, è l’ambiente più ordinato e il più colorato, poi il reparto del fresco, poi i prodotti confezionati eccetera, fino al reparto delle bibite e delle bevande che sono alla fine perché sono pesanti e sarebbe scomodo portarsi dietro il peso per tutte le corsie. Voglio dire che il percorso che un cliente fa è studiato accuratamente.
I protagonisti sono i prodotti, devono essere messi bene, come fossero gioielli – il termine tecnico è il facing dello scaffale. Sullo scaffale non devono esserci buchi, per dare l’impressione che di prodotto ce n’è; in secondo luogo tutti i prodotti devono essere disposti sul fronte dello scaffale, non all’interno. C’è sempre una persona che passa per le corsie e tira avanti i prodotti.
Il banco gastronomia, per fare un esempio, deve essere ben curato, le ciotole sempre piene, mai rimasugli… noi vendiamo prodotti per renderlo bello, come vaschette, ripiani, accessori in acciaio inox scintillanti; l’aspetto deve fare in modo che i prodotti sono sugli spalti e mi stanno guardando.
Sembra una cosa da poco, ma un problema non semplice da risolvere è stato gestire la disposizione delle barrette di cioccolato, che non si riesce mai a tenere belle dritte: quando ne togli qualcuna, le altre cadono e così via. Noi vendiamo una strumentazione, che non è nient’altro che degli scivoli, in modo che quando io prendo una barretta di cioccolata quella dietro cade e il facing rimane ben ordinato, senza buchi tra una tavoletta e un’altra. Questo significa un’ora in meno al giorno per un dipendente che deve mettere in ordine lo scaffale.
Come abbinate il colore al prodotto?
Di base i colori richiamano il prodotto, perciò il verde in ortofrutta, l’arancione in gastronomia, il giallo per la panetteria, viola o vinaccia in enoteca, il blu per i surgelati e l’azzurro per i latticini. Di solito per la farmaceutica si usa il verde, l’azzurrino e l’ottanio… I colori sono abbastanza universali, standardizzati… nel passato qualcuno ha provato a mescolare i colori, ma i tentativi si sono rivelati poco efficaci.
Usate immagini?
Le immagini non devono essere preponderanti, perché in primo piano in un supermercato devono stare i prodotti, non l’ambiente; le immagini devono essere rilassanti e mai protagoniste, non devono risaltare.
Di solito si tratta di rivestire una parete. Immagina una parete con una bancarella o degli scaffali davanti dei prodotti davanti. Tu devi creare una ambientazione. Potrebbe essere la veduta di una collina coltivata, di un contadino che porta una cassetta, le mani che raccolgono un prodotto da terra, qualcosa cioè che richiami il prodotto del reparto. Mai macchinario, tutt’al più sullo sfondo, per esempio un trattore da lontano che ara un campo…
Per la realizzazione degli ambienti, piace celebrare il territorio in cui ci si trova, e a proporre immagini “tipiche”. Se ci troviamo in Emilia metterò un campo arato, in provincia di Belluno un pascolo o una malga; L’azienda che fa i Despar mi ha fatto usare tantissime foto storiche, io ho una buona collezione di cartoline storiche, ne avrò trecento, e da queste cartoline ricaviamo delle gigantografie che poi proponiamo al supermercato: non devono suggerire il luogo da dove vengono i prodotti, ma quello in cui si trova il supermercato. Nei supermercati della zona di Comacchio per esempio usavamo le foto del famoso ponte; nella zona in Lido di Spina abbiamo usato la foto degli anni cinquanta di una seggiovia che portava le persone dal campeggio, che non era sul mare, fino alla spiaggia, oppure abbiamo usato gigantografie con le cartoline storiche con l’altalena installata sul mare a Rimini… nella Marca usiamo grandi vedute del Prosecco, a Mogliano usiamo foto storiche di Mogliano, è una cosa che piace ai clienti… nelle inaugurazioni riceviamo complimenti per queste foto.
Oltre a immagini cosa realizzate?
Realizziamo claim cioè degli slogan, delle frasi a effetto, per esempio “Da noi trovi solo prodotti 100% italiani”, qualcosa del genere, qualcosa che faccia rassicurare il cliente che quello che sta per comprare è un prodotto di qualità. Tutto questo deve essere visibile ma non deve rubare l’attenzione al cliente, che deve concentrarsi sui prodotti; i messaggi delle offerte devono essere all’altezza degli occhi, o in centro a una corsia che cade dall’alto, o a scaffale i promo-stop: nello scaffale ci sono i prezzi normali, e poi le offerte, segnalate con un colore diverso, o con la scritta “Prendi due paghi uno”.
Poi ci sono i profili portaprezzo. La scaffalatura di una ditta è leggermente diversa da quella prodotta dalle altre per qualche piccolo particolare; ogni scaffalatura ha un attacco diverso; la stessa ditta può fare tre quattro attacchi diversi, noi conosciamo bene questi frontali e abbiamo tutti i profili per qualsiasi tipo di prodotto utilizzato in Italia: noi li progettiamo e li facciamo produrre da un nostro produttore.
Il prezzo elettronico è ancora agli inizi: una superficie di vendita di circa mille metri quadri di vendita (la Cadoro di Mogliano, per fare un esempio vicino a dove ci troviamo) per passare dai prezzi su cartellino a etichette elettroniche avrebbe un investimento di circa mezzo milione di euro, non è un investimento da poco… Non so adesso, ma qualche anno fa un display per il prezzo costava dai 5 ai 7 euro, e un supermercato ha migliaia di portaprezzi… I produttori di questi display sono tutti cinesi, non c’è la possibilità per i piccoli produttori come noi di accedere a questo ramo.
Vi occupate anche della musica di sottofondo?
No, quello è un altro lavoro. Vengono create delle radio appositamente, per esempio “Radio Famila”, “Radio Emisfero” e così via… Vengono chiamate “radio” ma in realtà sono registrazioni, che contengono non solo musica, ma anche messaggi pubblicitari.
Nota. Le immagini di copertina e all’interno dell’articolo sono di Francesco Bortolini.
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