Dopo un mese di “ticket” per entrare nel centro storico, analisi della situazione da parte di un gruppo di abitanti che dicono no. Con un appello alla disobbedienza di massa.
Si è da poco conclusa la prima tranche di sperimentazione del cosiddetto contributo di accesso a Venezia. Sperimentazione che continuerà ogni prossimo fine settimana fino alla metà di luglio, con l’esclusione di quello del 2 giugno, probabilmente dovuta alla concomitanza con il Salone Nautico. Terminato il periodo sperimentale, stando alle comunicazioni del Comune, il contributo di accesso ritornerà nel 2025 in una forma perfezionata: immaginiamo estesa per un numero maggiore di giorni (forse per l’intero anno), con fasce di prezzo differenziate a seconda dell’afflusso turistico previsto.
Per l’anno in corso infatti il contributo ha una tariffa fissa di 5 euro.
Come già abbiamo avuto modo di spiegare in altre sedi, il pagamento, al momento, è richiesto solo ai visitatori non pernottanti nel Comune (per i quali è già prevista la vecchia tassa di soggiorno) che accedono alla città dalle 8 alle 16. È poi previsto un amplissimo ventaglio di esenzioni: basta infatti essere (o dichiararsi) residenti per non pagare. Ma lo stesso vale per studenti, lavoratori pendolari, proprietari di immobili in regola con il pagamento dell’IMU, affini o parenti fino al terzo grado di persone residenti che, a loro volta, previa autenticazione tramite SPID, possono invitare un numero potenzialmente illimitato di persone senza che queste siano tenute a pagare alcunché.
Pagamenti ed esenzioni vengono gestite tramite la registrazione a un portale messo a disposizione dal Comune, un’evoluzione della piattaforma già attiva per usare i servizi digitali dello stesso (anagrafe, permissistiche ecc.). Al termine della registrazione, o dell’avvenuto pagamento, se dovuto, si ottiene un codice QR che viene verificato al passaggio dei varchi che conducono in città. Chi è residente è esentato dal mostrare il QR, a patto che abbia con sé un documento che ne attesti lo stato, mentre pendolari e studenti possono generare un codice valido per tutto l’anno (o, in questo caso, per tutte le giornate in cui sono previsti i controlli) con una sola registrazione. Per tutti quindi, eccetto i residenti di cui il Comune possiede già i dati anagrafici in forma digitale, diventa necessario registrarsi presso la piattaforma per pagare o dimostrare le ragioni della propria esenzione, fornendo i propri dati personali unitamente a quelli delle proprie ragioni per cui si è in città. Dati che verranno poi incrociati con quelli raccolti dalla Smart Control Room che, ricordano gli stessi promotori del contributo, raccoglie dati sulle celle telefoniche presenti in un determinato spazio in un determinato momento, con aggiornamenti ogni 15 minuti. La risultante di questo incrocio di dati è una profilazione che, almeno per ora, il Comune dichiara avvenire in forma anonima e utilizzando dati aggregati. La società che ha sviluppato la piattaforma di registrazione e che gestisce la Smart Control Room è VenIS spa (Venezia Informatica e Servizi), che si occupa anche di tutti i servizi digitali della pubblica amministrazione. Ha sede amministrativa a San Marco 4934 e mantiene i server e i data center presso il parco tecnologico Vega, edificio Pleiadi. La piattaforma tecnologica sulla quale si basa il funzionamento della SCR è MindIcity, realizzata dal gruppo TIM. La società che incassa materialmente i proventi del contributo di accesso è invece la partecipata del Comune Ve.La, del gruppo AVM.
Ma veniamo ora ai varchi e ai controlli veri e propri. I varchi sono segnalati da dei totem di forma quadrangolare dove sono esposti dei pannelli informativi. Si può inquadrare direttamente un QR che rimanda alla piattaforma di registrazione. In prossimità dei totem sono piazzati “i controllori”: steward molto simili a quelli che abbiamo visto in occasione delle più recenti feste del Redentore o di altri grandi eventi. Gli steward sono divisi in tre livelli:
Pettorina bianca, i più numerosi, dovrebbero occuparsi solamente di fornire informazioni in più lingue sul contributo di accesso e spiegare a chi non ha scaricato il codice come farlo. In realtà sappiamo che a più di qualcuno di questi è stato chiesto di effettuare i controlli. Sono assunti tramite agenzia interinale o stage, per lo più giovani in età studentesca o immigrati.
Pettorina gialla: dipendenti assunti dal Comune a cui è stato impartito un corso di formazione, hanno facoltà di controllare la validità dei QR tramite apposito palmare ma non di verificare i dati. Sono coloro che materialmente effettuano i controlli.
Pettorina arancione: dipendenti comunali o di società di vigilanza già in appalto. Tra loro lavoratori CIVIS (che si occupa della vigilanza delle strutture comunali) e ARCO (società che, da qualche anno, affianca o effettua controlli dei biglietti sui mezzi pubblici) a cui sono stati affiancati qualche decina di dipendenti della padovana ABACO (che si occupa di servizi di riscossione presso le pubbliche amministrazioni). Verificano i QR e hanno facoltà di emettere sanzioni. Il controllo dei dati personali, come quelli riportati sui documenti, deve però avvenire solo previo rilascio di una delega prefettizia. Gli steward non hanno questo tipo di delega, a differenza degli operatori di polizia (PS, Carabinieri, Guardia di Finanza). Non possono pertanto, in alcun modo, chiedere di esibire dei documenti di identità. Lo stesso vale per i lavoratori delle compagnie di vigilanza.
Gli steward sono affiancati talvolta da agenti della polizia locale, che interviene però solo in casi di criticità. È bene ricordare che nemmeno questi agenti possiedono la delega prefettizia di cui sopra.
I varchi sono stati posizionati nei punti di accesso alla città, ovvero: piazzale della Stazione, piazzale Roma (ponte dei Papadopoli), San Giobbe (dove è da poco attiva una fermata del vaporetto proveniente da Punta Sabbioni), riva di Ca’ di Dio (approdo dei lancioni turistici provenienti dal Tronchetto), Fondamente Nuove. Il varco più grosso è quello organizzato nel piazzale della stazione dei treni, che è stato diviso a metà e, a sua volta, sezionato in corsie che formano un passaggio obbligato (una di sola uscita, una per residenti e una per turisti). I controlli avvengono per lo più su base volontaria, le persone che hanno scaricato il QR si presentano di propria sponte per farselo verificare, mentre chi vuole passare senza essere sottoposto a verifica può, in linea di massima, passare indenne dichiarando di essere residente in città e tirando dritto. Sappiamo per certo che è stato detto agli steward di non fermare chi si dichiara residente o chi palesemente lo è (qualsiasi cosa voglia dire), probabilmente per limitare il più possibile i malumori ma anche perché la facoltà di fermare fisicamente qualcuno per controllare la validità del suo QR ha basi giuridiche piuttosto traballanti. I controlli più serrati sono avvenuti nei varchi del sopracitato piazzale della Stazione e in quello di Ca’ di Dio, dove è piuttosto facile controllare uno a uno chi scende dalle imbarcazioni turistiche. In tutti gli altri praticamente nessuna pressione da parte degli steward che, fondamentalmente, basta ignorare. Pensiamo che questo atteggiamento molto blando nei controlli sarà una prerogativa di questo primo anno di sperimentazione, teso a far accettare questa nuova forma di invasione e privatizzazione dello spazio urbano senza troppi clamori, giusto il tempo di consolidare l’abitudine a un nuovo dispositivo. A questo proposito c’è da aggiungere che, in più di dieci giorni, non è stata comminata nessuna multa, nonostante alcuni attivisti abbiano “sfidato” il dispositivo in maniera palese proprio per essere sanzionati e iniziare a presentare ricorsi legali. Questo “chiedere senza pretendere” non ha tuttavia fermato decine di migliaia di persone dallo scaricare il QR, chi per paura della multa, chi per ignoranza, chi perché realmente persuaso dalla campagna informativa che vende il ticket di accesso come uno strumento per la salvaguardia di una città fragile.
Superfluo ribadirlo ma i numeri dei visitatori durante i “giorni del contributo” è stato perfettamente in linea con quello degli anni precedenti (periodo Covid a parte): calli e campi sempre pieni e nessun vantaggio tangibile per la popolazione.
Merita una menzione a parte la nuova struttura montata in fretta e furia sul piazzale della Stazione ferroviaria, a pochi metri dai totem che segnalano i varchi: praticamente una biglietteria-infopoint dove viene facilitato il download del QR per chi ha poca dimestichezza con il digitale o per chi non ha ben compreso la questione: due sportelli abbinati a quattro terminali sui quali, anche in assenza di uno smartphone, è possibile registrarsi e ottenere il proprio codice in formato cartaceo stampandolo gratuitamente. Sopra i terminali sono installate quattro telecamere di marca Avigilon (gruppo Motorola), dotate di tecnologia per il riconoscimento facciale e intelligenza artificiale per “identificare le persone di interesse inserite nelle liste di controllo” (da descrizione del prodotto sul sito ufficiale).
Parlando con chi Venezia la abita e la vive è veramente difficile trovare qualcuno d’accordo con l’introduzione del contributo di accesso. Se non è così diffusa la consapevolezza che si tratta di un dispositivo di controllo volto all’estrazione massiva di dati, viene comunque indicato come una misura inutile per arginare il problema dell’overtourism. A nessuno o quasi piace l’idea di vivere o lavorare in una città ad accesso controllato, neanche si entrasse in un parco divertimenti o in un museo. Non si può però dire che le mobilitazioni avvenute fino a oggi siano state all’altezza della situazione: a un partecipato corteo organizzato il 25 aprile (che comunque poneva l’accento quasi esclusivamente sulla mancanza di politiche sociali della giunta), subito bloccato dalla polizia, sono seguiti atti di disturbo ai varchi della stazione (26 aprile), numerosi volantinaggi informativi in più punti della città (i giorni successivi) e piccoli gruppi di cittadini organizzati in comitati che hanno provato a “sabotare” il dispositivo cercando di sollevarne contraddizioni di metodo, nonché legali. A queste va aggiunta una singolare protesta, che ha avuto un certo seguito mediatico, portata avanti tramite la creazione di un sito che, mettendo a disposizione gratuitamente dei QR generati da residenti per amici, permette a chi dovrebbe pagare di non farlo, qualificandosi come amico di un veneziano o di una veneziana. Stando alle notizie apparse sui giornali il creatore del sito è stato denunciato dall’avvocatura civica.
Non abbiamo dubbi che atti di protesta palese e di insubordinazione continueranno nei prossimi mesi, siamo tuttavia convinti che se questi non cresceranno di intensità, e non renderanno il contributo di accesso poco conveniente su un piano economico, sarà molto difficile bloccarne la sperimentazione e la successiva introduzione definitiva.
Nota. L’immagine di copertina è un dettaglio di uno dei volantini (tema: “chi è complice?”) della serie prodotta dal collettivo Cda Anca No. Qui di seguito la riproduzione integrale.
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