Sostenitori della stessa squadra contrapposti. Colori, canti, scontri in curva. Calcio e identità urbana dopo la fusione di “Venezia” e “Mestre” [un articolo dalla stagione 1996/97]
Nota. Tratto da “Altrochemestre. Documentazione e storia del tempo presente”, 5, primavera 1997, pp. 43-46 (con minime modifiche grafiche e di contenuto)
Qualche volta mi chiedono: “la tua città ha una squadra di calcio?”. Non so mai come rispondere, forse dipende dal fatto che abito a Mestre. La prima cosa che vorrei fare è chiarire che c’è una squadra che sta giocando il campionato di serie B, stagione 1996/97, con il nome “Venezia”, colori sociali arancio, nero, verde, che è frutto di una fusione tra due squadre, il Venezia e il Mestre. Questo pone subito un problema: si rischia di fraintendere, i nomi si prestano a equivoci, i colori si confondono, gli aggettivi “nuovo” e “vecchio” sono relativi. Tutto questo, a mio parere, ha a che fare con le questioni dell’identità cittadina (credo che le vicende sportive locali degli ultimi anni siano un buon terreno per una indagine). Meriterebbe una storia. Dopo avere raccolto i miei ricordi, qualche voce e un po’ di documentazione scritta, io la racconterei così.
La nascita. Fino alla stagione 1986/87, ci sono due squadre. Il Venezia Calcio, maglia neroverde, fondato nel 1907, celebre soprattutto nei primi anni Quaranta (una Coppa Italia nel 1941 e un terzo posto nel campionato 1941/42 con Loik e Valentino Mazzola in campo) e la cui ultima presenza in serie A risale al 1966/67. L’A.C. Mestre, maglia arancionera, fondato nel 1929, il cui miglior risultato è la seri C1 del 1982/83[1]. Quel campionato 1986/87 lo giocano entrambe in serie C2, girone B (all’epoca i gironi erano quattro, oggi solo tre). Alla fine il Mestre si classifica terzo (venivano promosse le prime due), il Venezia è settimo. Il particolare sembra secondario, invece sarà argomento forte nelle polemiche tra tifosi nostalgici. Pare che il Venezia abbia problemi economici, si teme il fallimento.
Nel giugno 1987, le due società si fondono, nasce il Veneziamestre. Guida l’operazione Maurizio Zamparini, re dei “mercatoni”. Non ho alcun ricordo delle cronache che hanno preceduto questo avvenimento. Certo ci saranno state trattative anche lunge, sin dall’inverno, accordi, opinioni, tutto documentabile attraverso le pagine del “Gazzettino”. Forse qualche eco sui quotidiani sportivi nazionali. Ovvie le polemiche e le liti. Si può inscrivere l’evento nella lotta per l’identità cittadina? Si può metterlo in relazione alle idee di città metropolitana? Di voci ce ne sono molte. Se preferite lo scenario politico, colleghiamo la fusione ai referendum sulla divisione del Comune (il secondo è del 1989). Altrimenti è geopolitica del pallone: nel 1987 il Palermo fallisce per debiti, rinasce immediatamente, ma secondo le regole della Federazione Gioco Calcio, dovrebbe ripartire dalla terza categoria. Soluzione possibile: recuperare un titolo sportivo vacante. La fusione tra Venezia e Mestre libererebbe per la nuova stagione un posto in C2, che il Palermo potrebbe riprendere, in deroga alla prassi consueta (ripescaggio della migliore delle retrocesse dell’anno precedente). Dunque la FGCI avrebbe favorito la fusione, per recuperare il Palermo, come in effetti è accaduto[2].
I primi capionati. Nel 1987/88 la nuova squadra partecipa al campionato di C2, girone B. Si iscrive come Veneziamestre, ma il nome è subito ambiguo, tanto che i quotidiani nazionali si confondono. Ricordo di avere letto sulle colonne dei risultati: Venezia Mestre, Veneziamestre, Venezia M., V. Mestre (una sola volta), Venezia. Solo dopo la promozione in serie B (nel 1990/91, dopo spareggio a Cesena contro il Como, 2 a 1 con un rigore parato al Como), il nome si stabilizza diventando Venezia 1907 o Venezia, nella vulgata. Sul nome si erano sviluppate anche controversie legali. Una società di Venezia, che militava in Interregionale, rivendicò l’eredità dell’orgoglio sportivo locale, contestando l’uso della dicitura “Venezia” (per la causa, questa squadra prenderà il nome “Venexia”). Forse anche per questo il nome non ha potuto stabilizzarsi subito. C’era in ballo un passato glorioso: i titoli del Venezia Calcio rivenivano alla nuova società o no? (Ferruccio Mazzola, figlio di Valentino, ha allenato la nuova squadra.). Intanto tutte le partite in casa sono giocate a Mestre, stadio Baracca. Conseguenza: se con le società veneziane si litiga per il nome, con le società mestrine si litiga per il campo di gioco.
La svolta. La promozione in seri B richiama molta più attenzione sulla squadra. Allo con i mezzi messi a disposizione dalla società, dal Comune (pullman gratuiti) e dal tifo organizzato (due treni speciali a pagamento), arrivano 7000 persone[3].
Con la B, arriva anche la normalizzazione: sarà Venezia 1907. Ipotesi sul perché. (a) La serie B comporta un investimento simbolico maggiore, dunque di impiega il nome prestigioso. (b) Tutta questa storia della fusione è noiosa, a chi mai importa, si fa finta di nulla. (c) Forse le trasmissione sportive preferiscono nomi brevi e chiari; chi se la sente di costringere a titolare sullo schermo “Veneziamestre”?
Raccolgo una versione che pare confermare la mia ipotesi (a)[4]. Si era fatto avanti uno sponsor, Guaranà Antarctica, produttore di bibite e sciroppi, che pretendeva il nome di richiamo, Venezia. Questa sponsorizzazione poi non c’è mai stata. Altra materia buona per i sospetti: in realtà sarebbe stato Zamparini a volere il “Venezia” e per non avere rogne dai tifosi, si è inventato questo sponsor fantasma (riprova: “Hai mai sentito parlare della Guarnà Antarctica?”).
I titoli sportivi del passato sono infine recuperati. Le bancarelle degli ambulanti in Riva degli Schiavoni sanciscono la rinascita del glorioso Venezia: vendono le bandiere neroverdi con il circoletto tricolore di chi ha vinto la Coppa Italia e le maglie neroverdi. I gadget arancioneroverdi invece si trovano solo in curva, sono autoprodotti dai gruppi dei tifosi (dall’“Ultras Unione” soprattutto, che negli anni ha costituito quasi una linea completa, dalla sciarpa al giubbotto bomber. I ricavi finanziano le trasferte e le coreografie).
Si torna anche a giocare a Sant’Elena, stadio Lugi Penzo. I lavori di ammodernamento sono in ritardo per cui la prima partita del campionato di serie B, stagione 1991/92, si gioca ancora a Mestre (vittoria sul Messina). Il trasloco si fa dalla seconda partita in casa. Trasloco della squadra ma anche dei tifosi. Bisogna spostare qualche migliaio di persone dalla terraferma a Sant’Elena. La prima volta è un avvenimento. I tifosi organizzano un corteo. Raduno in stazione a Mestre, ritrovo con altri già a Venezia e poi sfilata in città, sino allo stadio. A tutti i tifosi era stata distribuita una bandiera a scacchi arancioverdi. Si badi che le modalità del raduno e del viaggio sono quelle di una gara in trasferta. Quel giorno sono partito anch’io da Mestre e ricordo che l’opinione comune era: “Figata, adesso si va in trasferta ogni domenica”.
Poi c’è stato il momento del dubbio: il Venezia non avrebbe più vinto in casa per lungo tempo; che il Penzo portasse sfiga? In compenso a Sant’Elena si poteva cantare “Ahi ahi ahi ahi / oh Padovano [o chi per lui], / son cazzi per te / se non sai nuotar / perché oggi finisci in laguna”. Comunque sia, le abitudini dei tifosi erano destinate a cambiare.
Quali tifosi e quali colori. La fusione avrebbe dovuto riguardare anche i tifosi: nasce il Centro Coordinamento Club Venezia, al quale dovevano aderire tutti i vecchi gruppi. Invece ci si divide in fazioni: io parlerei di Veneziani, Mestrini e Metropolitani. I Veneziani sono per il ripristino della tradizione; non a caso il gruppo principale conserva il nome di prima della fusione, “Vecchia Guardia”. Direi che questi non parlerebbero di fusione tra due società, ma di scomparsa del Mestre nel Venezia. I tifosi di altre squadre venete sono accolti al grido di “Non c’è provincia / non c’è regione / siete sotto / il cazzo del leone”; per accogliere gli altri tifosi del Venezia non Veneziani, i Veneziani cantano – più o meno – “Non c’è arancione / ma quale unione / siete solo / una piccola stazione”. Non hanno mai partecipato al coordinamento e, dopo la promozione in serie B, hanno creato l’Associazione Venezia Club[5].
I Mestrini non si sentono più, in quanto tali; forse di duri e puri, nostalgici di terraferma, non ce ne sono proprio. La maggior parte è affluita nei Metropolitani, ossia i sostenitori della fusione, con quelli che io – da Metropolitano di Mestre – definirei i Veneziani leali. Non esistono più né Mestre né Venezia, né arancioneri né neroverdi. C’è un Veneziamestre arancioneroverde, al limite arancioverde. Il gruppo principale è l’“Ultras Unione”. Il nome che si grida è, appunto, “Unione” e quando si canta, si canta “Forza Unione alé / non mollare perché / tutta quanta la cura è con te” oppure si incita “Arancioneroverdi alé alé”. Ricordo però anche un più semplice “Arancioverdi alé alé / Arancioverdi alé / tutti insieme”, sulla base del celebre jingle natalizio della Coca Cola. In una foto vedo uno striscione con scritto “Fedayn” (“Fedayn” e “Headouts” erano i vecchi gruppi del tifo Mestrino), ma è arancioneroverde. C’è uno striscione della “Brigata Mestre”, quasi tutto arancione, ma con un po’ di verde. L’idea metropolitana ha prevalso e i Metropolitani stanno nel Coordinamento dei tifosi.
Il disegno delle maglie è stato, ogni anno, un momento delicato. Si devono valutare i centimetri quadrati e la posizione, perché un pezzo di calzino vale molto meno di un pezzo di maglia e il petto è meglio che il polsino. La serie B è stata una svolta anche per questo: la rottura, tentando di imporre un neroverde integrale. I Metropolitani difendono l’arancione che i Veneziani vogliono sopprimere: “Sogliano / coglione / vogliamo più arancione”. Riccardo Sogliano all’epoca era il direttore sportivo del Venezia. Ricerca di compromesso e attuale stabilizzazione con maglie per la maggior parte bianche o per la maggior parte nere, con contorni verdi e arancio.
Al Baracca i tifosi si erano divisi le curve: Veneziani nella Sud, Metropolitani nella Nord. Al Penzo, più grande, stanno nella stessa almeno all’inizio, un gruppo da una parte e uno dall’altra. All’inizio si pensa si dividere la curva a metà. Lo scontro: dimensione e posizione dello striscione (all’inizio uguali per i due gruppi); la coreografia più fantasiosa; la voce più alta. La “Vecchia Guardia” ha avuto prima un impianto di amplificazione. I cori: o ci si alterna o ci si dà sulla voce. A “Venezia, Venezia”, si risponde “Unione, Unione” oppure “Veneziamestre / c’è solo Veneziamestre”. Il Penzo ha portato già un cambiamento di coordinate per i Metropolitani, che al Baracca erano in curva Nord e cantavano “Noi della Nord / siamo gli Ultrà / e canteremo così: eh oh oh / forza magica Unione”. Adesso sono nella curva Sud. Curiose ricorrenze nel paesaggio eroico: per andare alla curva Sud “Morosini”, stadio Penso, partendo dalla curva Nord “Oberdan”, stadio Baracca, si passa davanti al busto di Oberdan ai giardini della Biennale.
Anche la “politica estera” procede per contrapposizioni. La “Vecchia Guardia” era gemellata con il Vicenza (impensabile per i Metropolitani, che hanno un istinto egemonico sul resto del Veneto) e non riconosce la solida amicizia dell’Ultras Unione con i tifosi di Modena.
Non sempre la goliardia prevale, ci si mena pure: si “carica” da destra verso sinistra o viceversa. Ricordo un anno particolarmente conflittuale, il secondo in serie B. Ripercorrere le tappe dell’escalation richiederebbe una ricerca più approfondita, vi dico il risultato come lo conosco. L’Ultras Unione è da subito più forte nel numero. La Vecchia Guardia perde sempre più spazio. lo scontro finale si fa durante una partita di Coppa Italia, trasmessa anche da Italia Uno, contro il Parma (con i cui tifosi la “Vecchia” voleva gemellarsi, boicottando l’amicizia dell’Unione con il Modena). L’Unione vince, la Vecchia Guardia si trasferirà in un angolo della curva opposta[6]. Il grido di vittoria dell’Unione sarà: “E la Vecchia dov’è / non si vedono più / son scappati in diretta tivù”, sulla base della Stangata.
Una ricerca sulla storia della fusione dovrebbe fare anche una sociologia del tifoso? A me interessano due cose. La prima è: da dove arrivano per vedere la partita. Dopo la promozione in seri B, non è più solo questione di laguna, nascono club a Mira, San Donà, Mirano, Marcon, insomma è davvero l’area metropolitana. Si incrociano delle questioni classiche: Mogliano, provincia di Treviso a otto chilometri da Mestre, spaccata, tra quelli che sono per Venezia e quelli che sono per Treviso. Il fiorire del calcio veneto negli ultimi anni muove un po’ il quadro. Il San Donà è in C2; il Treviso neopromosso in C1 sta lottando per una nuova promozione. Sarebbe il quarto o quinto derby veneto in serie B (Venezia, Chievo, Padova e il Verona se retrocede) e poi Treviso è la sola “tigre” del Nord-est a non essere stata in serie A negli ultimi anni.
L’altra cosa che mi interessa è l’età: la curva del Venezia è giovane rispetto alla maggior parte delle curve d’Italia. Dipende dalla fusione che ha allontanato la maggioranza dei “vecchi” tifosi? Il trasferimento al Penzo, che costringe a lunghi spostamenti, ha avuto un ruolo? Significa che il Venezia può fare presa su un tifoso giovane e “vergine”? Pare che sia impossibile, per chi ha vissuto la compresenza di due squadre, tifare davvero per questo Venezia, a meno di non decidere – a seconda dei casi – che sia il vecchio Venezia oppure che sia l’Unione. Un Mestrino che ha tifato Mestre non può nemmeno pensare di gridare “Venezia”. Ma un giovane di Mestre che inizia a interessarsi di calcio solo adesso, magari non conoscendo tutta la storia della fusione, potrà farlo. Forse: invito a riflettere su come si va allo stadio la prima volta, accompagnati da un parente maschi, o da un amico già “iniziato”. Un conto è andare al Baracca di via Baracca, laterale viale Garibaldi, un altro andare al Penzo, Sant’Elena, Castello profondo.
Conclusione. Chi sente propria la squadra che adesso gioca in serie B? Chi si riconosce in essa? La stabilizzazione è raggiunta e con essa una buona dose di indifferenza. Il nome Unione è un ideale: si è perso il sostrato geografico. La maglia è neutra, quasi nasconde i colori sociali. Che si giochi a Sant’Elena o altrove poco cambia. Il nuovo stadio lo si pensa a Tessera, sempre che lo si faccia. Il Veneziano è inacidito e neppure lui crede che quella squadra sia sua; il Mestrino è indifferente. Forse restano i Metropolitani. In serie A cambierebbe qualcosa? Ma i rapporti con la (le) città sono freddi. Esercizio per la rubrica “Elementi del paesaggio”: trovate per le strade una locandina della partita del Venezia. Non avete voglia? Risolvo io, è impossibile, non ce ne sono. Impensabile altrove.
Da questa stagione, 1996/97, c’è di nuovo una squadra di Mestre in serie C2 (che mette anche le locandine). Questo potrebbe rappresentare un ulteriore sviluppo della ricerca. Tanto più che è un altro punto su cui gli aneddoti fioriscono. Il Mestre ha iniziato il campionato benissimo, rivelazione prima in classifica. Dopo tre mesi è iniziato lo sfascio: i migliori giocatori venduti, allenatore esonerato, zona retrocessione. Qualcuno insinua che sia Zamparini a tramare, preoccupato di perdere pubblico. C’è un altro risvolto: non corre buon sangue tra i tifosi di questo Mestre e i Metropolitani. In questo conflitto emerge anche un tema che finora non si è incontrato: la politica. Mi dicono che i Mestrini sono fascisti. L’Ultras Unione ha sempre rifiutato la politica in curva. Il gemellaggio con le “brigate” di Modena, notoriamente di sinistra, potrebbe essere un indizio. Ma l’unica presa di posizione è in negativo: “non siamo leghisti”, per cui si canta che “siamo i terroni del nord”. Lo confermano le amicizie con Cosenza, Messina, Acireale, Andria e Ternana (peraltro tutte tifoserie dette di sinistra). Uno dei capi dell’Ultras Unione ha dichiarato che questo fa parte della peculiarità di Venezia: “Politicamente e culturalmente esistono due Veneti. Venezia e Mestre e le aree limitrofe hanno sviluppato una cultura profondamente diversa da quella chiusa e bigotta della tipica società veneta. Una cultura più aperta e cosmopolita che si riflette anche in curva. Rifiutiamo razzismo e xenofobia, disponibili a iniziative come quella in favore del popolo Saharawi (in lotta contro lo stato marocchino); abbiamo realizzato due bandiere, una palestinese e una basca che sventolano sempre in curva. Anche noi siamo legati alle nostre tradizioni, al dialetto, alle canzoni uniche per questo, come quelle dei Pitura Freska, ma se dovessimo definirci potremmo chiamare la nostra piccola curva una piccola Amsterdam o Berlino: c’è di tutto”[7]. Nei ringraziamenti dell’album ‘Na bruta banda i Pitura Freska citano “gli ultras del Venezia 1907”[8].
Postfazione. Questa storia continua allo stadio Penzo. La “Vecchia Guardia” non esiste più. Vinta la guerra (“Canta neroverde fin che vuoi / il potere in curva siamo noi”), l’Ultras Unione ha sviluppato un “imperialismo interno”: si appendono solo striscioni approvati da loro, e approvano solo quelli degli aderenti al gruppo. Questo ha provocato liti. Uno dei vecchi capi se ne è andato e ha recuperato dei pezzi della “Vecchia” per formare “el pueblo rebelde” che canta in Curva Nord.
Nota bibliografica con avvertenza. Questa ricerca è fatta in casa. Ho recuperato la maggior parte delle notizie nella mia memoria. Ho confrontato i ricordi parlando con de miei amici. Sono loro che mi hanno fornito il materiale bibliografico. Si tratta di tre numeri di “Supertifo”, rivista che pubblica immagini delle curve e delle coreografie allestite dai gruppi di tifosi (foto scattate e inviate dagli stessi ultras) alternandole con rubriche fisse (lettere di tifosi, annunci di compravendite di memorabilia da stadio, “amarcord” con foto di curve dal passato) e interviste. All’epoca era un mensile, adesso è in edicola ogni quindici giorni. Ho potuto consultare il libro dei ricordi del club “Park Kaos” (Metropolitano di Mestre), che raccoglie foto e ritagli di giornale dal 1991 al 1994. Mi chiedo come avrei fatto senza queste due persone: esisteranno biblioteche che hanno la collezione completa di “Supertifo” o tengono l’Almanacco del calcio Panini tra gli annuari in consultazione? L’avvertenza, a questo punto scontata, è che le notizie raccolte provengono da parte Metropolitana. Uno della “Vecchia Guardia” avrebbe raccontato la storia in un altro modo.
[1] Tutte le notizie sono tratte dall’Almanacco illustrato del calcio, vol. 43, Edizioni Panini, Modena 1984, passim.
[2] Intervista a Francesco, “uno dei massimi esponenti della fazione degli Ultras Unione”, in “Supertifo”, IX, n. 4 (aprile 1994), pp. 21-22.
[3] Ivi, p. 23.
[4] Ivi, p. 22.
[5] “Supertifo”, VI, n. 10 (ottobre 1991), p. 16.
[6] “Supertifo”, IX, n. 4 (aprile 1994), p. 23.
[7] Ivi, p. 25.
[8] Vedere la quarta di copertina del libretto allegato al CD dei Pitura Freska ‘Na bruta banda, © Psycho, 1991.
Lascia un commento