Sette brevi letture sul sistema di lavoro nei cantieri navali Fincantieri in Italia, mentre riprende un processo a Mestre contro dirigenti e ditte che vi lavorano in appalto. Un caso di segmentazione etnica del mercato del lavoro.
Nota. Il 7 febbraio 2024, nell’aula bunker di Mestre, è ripreso il processo per corruzione e sfruttamento dei lavoratori a carico di 33 persone fisiche tra cui una dozzina di dirigenti, quadri e dipendenti di Fincantieri e di 13 ditte in appalto. L’inchiesta era partita su denuncia di alcuni lavoratori e a seguito dell’esposto della FIOM CGIL di Venezia e del Veneto nel 2018.
La Fincantieri, azienda di Stato (è controllata per il 71,32% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze tramite Cassa Depositi e Prestiti), possiede otto cantieri italiani (Sestri Ponente, Riva Trigoso e Muggiano in Liguria, dove ha sede anche la direzione navi militari, Castellamare, Palermo, Ancona, Marghera e Monfalcone) e stabilimenti e bacini in Europa (Norvegia e Romania), Asia (Vietnam) e Americhe (USA e Brasile). Nel 2021 la società dichiarava 21mila dipendenti, per metà in Italia e per metà all’estero; i dipendenti, che per oltre la metà sono impiegati, quadri e dirigenti, controllano la produzione, svolta da lavoratori esterni, in appalto.
Presentiamo qui alcune schede di lettura sul sistema di lavoro in Fincantieri. Un esposto all’Ispettorato del Lavoro, che passa inosservato. Dichiarazioni a un programma di Rai 3, che fruttano querela per diffamazione. Una relazione sulla Fincantieri realizzata per la Fiom. Una intervista a Fabio Querin. Tre articoli su scioperi e vertenze dentro il cantiere. Ringraziamo Fabio Querin e Lorenzo Feltrin che ci hanno segnalato testi e documenti.
1. Esposto della Segreteria FIOM CGIL del Veneto (Luca Trevisan) e di Venezia (Antonio Silvestri) all’Ispettorato del Lavoro Territoriale di Venezia, 24 settembre 2018.
Fin dagli inizi degli anni Novanta l’occupazione diretta alla Fincantieri è divenuta via via sempre più residuale; la produzione delle navi passeggeri è fondata sul sistema degli appalti, i lavoratori diretti sono stati sostituiti con lavoratori di ditte in appalto che hanno rapporti di lavoro legati alla singola commessa; in alcuni momenti appalti e subappalti occupano oltre 4mila dipendenti, più o meno quattro volte tanto i dipendenti diretti dei cantieri; i lavoratori in appalto sono perlopiù immigrati; l’appalto è lo strumento principale per ridurre i costi a scapito del salario, della salute e delle condizioni di vita dei lavoratori; le attività più gravose e più nocive sono appaltate a ditte che utilizzano forza lavoro immigrata; la Fincantieri elude qualsiasi responsabilità diretta sui lavoratori in nome dell’autonomia giuridica delle società terze, perciò si sottrae a ogni confronto sul lavoro; i titolari delle ditte spesso sono ex operai, lavorati migranti; il valore economico dell’appalto è deciso dalla Fincantieri; mentre i dipendenti diretti della Fincantieri godono di una paga sindacale, i lavoratori in appalto sono quasi esclusivamente in “paga globale”, che priva i lavoratori di ferie, tredicesima mensilità, straordinario, festivo, notturno, trattamento di fine rapporto, malattia, infortunio, ferie, permessi, senza contare l’evasione contributiva delle ditte che non versano i dovuti contributi pensionistici o obblighi fiscali; in pratica il lavoratore riceve una paga oraria individuale stabilita di volta in volta dai titolari o dai prestanome delle imprese; un elevato numero dei lavoratori degli appalti risulta inquadrato al 1° livello, quello più basso, e quasi nessuno di loro matura scatti di anzianità; la timbratura degli operai in appalto avviene solo all’entrata e all’uscita in Fincantieri, e non nel luogo di lavoro come avviene per i lavoratori diretti, cosa che consente ai capi cantiere la più ampia discrezionalità nello stabilire gli orari di lavoro; facilmente i lavoratori in appalto lavorano fino a 60-70 ore settimanali, fino a 240-280 ore mensili; migliaia di lavoratori hanno degli orari in busta paga che non corrispondono mai alla prestazione effettiva; spogliatoi insufficienti, poche docce a disposizione; assenti i parcheggi per cui succede che le auto lasciate dai lavoratori lungo via delle Industrie vengano multate; impossibilità di usufruire delle mense aziendali, per cui i lavoratori mangiano un panino portato da casa sui binari adiacenti all’ingresso dello stabilimento; nessun diritto sindacale, nessuna rappresentanza; il sindacato non ha modo di avere informazioni sui lavori in appalto (inizio e sviluppo dei lavori, numero lavoratori, cambi di appalto, contenziosi e così via); mediamente un lavoratore degli appalti alla Fincantieri lavora almeno mille ore in più di un lavoratore metalmeccanico ma con un salario annuo “nettamente inferiore”; spesso la ditta chiude quasi sempre senza corrispondere retribuzioni arretrate e ricompare con nuova denominazione; a ogni cambio di appalto il lavoratore perde l’anzianità maturata.
Proteste individuali o collettive: “per un periodo di tempo” i lavoratori degli appalti decisero di non strisciare il badge in entrata e in uscita, chiedendo che venissero installati punti di timbratura nei luoghi di lavoro; l’ufficio legale della CGIL ha attivato centinaia di pratiche, individuali e collettive, per il recupero dei crediti dei lavoratori.
2. Decreto di archiviazione per l’accusa di diffamazione (reato 595 C.P.) intentata da Fincantieri nei confronti di Ranucci Sigfrido, Cossu Franca, Querin Fabio e Iovene Bernardo, Tribunale di Trieste, 9 aprile 2019
Fincantieri aveva denunciato per diffamazione le persone sopra citate per “condotte asseritamente diffamatorie” nel corso della puntata “Fuori controllo” del programma televisivo “Report”, andato in onda su Rai 3 il 14 maggio 2018. Il giudice per le indagini preliminari fa proprio il parere della difesa, affermando la libertà del diritto di cronaca e del diritto di critica e di opinione (che possono far ricorso a congetture), e valutando la congruità del linguaggio utilizzato in relazione alla “rilevanza sociale dell’argomento” e al contesto di una “polemica politica”. Su questa base archivia il procedimento.
3. Matteo Gaddi, Sintesi Relazione Fincantieri-Cantiere di Marghera, s.d. [2022], realizzata per Fiom del Veneto e Fiom di Venezia, consultabile online: https://www.fiom-cgil.it/net/attachments/article/9872/Fincantieri_Sintesi.pdf
La dimensione media delle imprese in appalto è di 8-9 dipendenti; i dipendenti diretti della Fincantieri sono poco più di un migliaio (1057), quelli in appalto sono quattro volte tanto (da 4mila a 5mila).
Il sistema di lavoro utilizzato è quello della Work Breakdown Structure (WBS): un sistema informatico definisce i processi di lavoro per ogni singola micro-fase, assegna un tempo a ciascuna operazione e su questa base determina il costo. Per vendere all’armatore una nave a costo vantaggioso per l’acquirente, ma tutelando il profitto dell’azienda, la Fincantieri abbassa i tempi assegnati a ciascuna lavorazione, scaricando così lo sconto sul prezzo della nave sui lavoratori degli appalti. Il livello delle ore necessarie a finire il lavoro è calcolato ben al di sotto di quanto serve realmente. Le ore calcolate a tavolino non tengono cioè conto della realtà concreta del lavoro. Tra tutti gli esempi, eccone uno: “Chi conosce la produzione sa benissimo che due metri di saldatura in realtà corrispondo a quattro metri reali: la lamiera, infatti, va saldata da entrambi i lati. Chi non ha esperienza e si limita all’applicazione standardizzata dei tempi previsti dalla tabella, invece, calcolerà un tempo dimezzato rispetto a quello realmente necessario”.
Una volta calcolato il tempo necessario a realizzare la parte di nave appaltata, l’Ufficio Acquisti di Fincantieri tratta con la ditta il valore dell’appalto: altro modo per scaricare il costo sui lavoratori.
Nel caso in cui la ditta che lavora in appalto debba svolgere operazioni non contemplate o non chiaramente indicate nel progetto, non sempre il lavoro viene pagato, o se è pagato lo è “con grande ritardo”, dopo trattative con la Fincantieri dall’esito incerto, e questo comporta una significativa esposizione economica da parte della ditta.
Fincantieri cerca di mettere il più possibile i diversi blocchi di cui si compone la nave in bacino, in modo da incassare il più presto possibile dall’armatore gli acconti in base allo stato di avanzamento del progetto: ma questo aumenta il numero delle ore necessarie alla lavorazione, che vengono calcolate a terra (condizione standard) e non a bordo (i blocchi non sono saldati, le condizioni di lavoro sono più pesanti e meno sicure).
Le ditte che lavorano in appalto dispongono di dotazioni bassissime in termini di impianti, attrezzature, capitale.
4. Marco Verrugio, “A Marghera alla sbarra il Sistema Fincantieri, brandizzazione di un’industria”. Intervista a Fabio Querin, segretario organizzativo dei metalmeccanici della CGIL a Venezia, 17 Marzo 2023, pubblicata nella newsletter PuntoCritico.info, 17 marzo 2023, consultabile online: https://www.glistatigenerali.com/sindacati/marghera-sistema-fincantieri-alla-sbarra-intervista-con-f-querin-fiom/
Nel 2014 Querin era un dipendente Fincantieri in distacco sindacale, la Fiom gli chiede di tornare a lavorare part-time, e così rientra in cantiere dal 2014 al 2018; i lavoratori delle ditte lo vedevano in cantiere, si fermavano a raccontargli cose che altrimenti si tenevano per sé per paura di perdere il lavoro. Nel 2017 una coppia, marito e moglie, si presenta negli uffici della Cgil per chiedere assistenza, perché il titolare della ditta – tra l’altro un loro parente – li aveva trasferiti senza preavviso uno a Genova e l’altra a Castellamare; oltre a questo raccontano di fatturazioni irregolari. Nel 2018 c’è stata una inchiesta di Report che documentava le condizioni di lavoro negli appalti, la paga a 4-5 euro l’ora ecc. Il servizio di Report fa sì che altri lavoratori si rivolgano alla Cgil denunciando ditte che utilizzavano la paga globale e dichiarando in alcuni casi di aver dovuto restituire parte dello stipendio.“Il problema è che per garantire i tempi stretti di consegna i ritmi sono stati aumentati e le condizioni di lavoro sono peggiorate. Non passa giorno che non incontri qualcuno che mi racconta episodi di fronte ai quali un tempo avremmo subito fatto il blocco nave”.
“Attualmente i dipendenti diretti sono poco più di mille, ma nei periodi di picco del lavoro con l’indotto si arriva anche a 4.000-4.500. I dipendenti delle ditte sono prevalentemente stranieri. I più numerosi per nazionalità sono bangladesi e rumeni, al terzo posto direi che ci sono i lavoratori italiani provenienti dal Meridione. Negli ultimi anni stanno arrivando anche molti nordafricani: Senegal, Burkina Faso, Tunisia”.
5. Nicola Quondamatteo, Dentro le navi, il mondo intero. Un’analisi del sistema degli appalti nel caso Fincantieri, in “Quaderni di rassegna sindacale”, 2023, n. 2, pp. 51-61
Nei cantieri Fincantieri di Monfalcone e Trieste operano circa 400 ditte di appalto e subappalto (si tratta di una stima). Il ricorso alla “paga globale” serve ad abbassare i costi, dato che il sistema delle gare spinge al massimo ribasso. I dipendenti diretti – in grandissima parte italiani – sono una parte minoritaria della forza lavoro, e sempre più svolgono compiti di coordinamento e controllo della produzione svolta dalle aziende in appalto – in gran parte composte da immigrati. Ciò comporta un indebolimento della presenza sindacale. Le ditte che fanno lavorazioni altamente qualificate e di nicchia (per esempio quelle che costruiscono i teatri nelle navi di crociera) offrono buone condizioni di lavoro; le ditte invece che fanno lavorazioni pericolose e a basso valore aggiunto (per esempio la molatura) sono poco strutturate e con alti tassi di illegalità, e comprende sia proprietari sia lavoratori bangladesi. “Il settore della navalmeccanica è fortemente soggetto all’utilizzo di forza lavoro migrante, secondo linee di gerarchizzazione e segmentazione etnica in base alla nazionalità di provenienza” (p. 55). Nel cantiere di Monfalcone gli operai croati sono qualificati, si possono muovere in uno spazio europeo e di solito hanno l’obiettivo di tornare al paese di origine; i lavoratori bangladesi al contrario sono esposti al ricatto del permesso di soggiorno, “che costituisce un fattore disciplinante all’interno del posto di lavoro” (p. 55).
6. Nicola Quondamatteo, Davide migrante contro Golia Fincantieri, online https://jacobinitalia.it/davide-migrante-contro-golia-fincantieri/, 10 febbraio 2023
Il 2 febbraio 2023 quaranta lavoratori bengalesi firmano il contratto a tempo indeterminato con Humangest, agenzia di somministrazione che opera per conto di Isolfin, una azienda di coibentazione in appalto per Fincantieri. I lavoratori bengalesi di una ditta in subappalto che opera nella coibentazione (la New World Service, titolare anch’egli bengalese) sono senza stipendio da mesi: si rivolgono alla Fiom che intenta una causa alla ditta; in sede giudiziaria la ditta deve farsi carico dei lavoratori e lo fa tramite Humangest, a cui Isolfin si affida (gli appalti sono “una giungla in cui è difficile districarsi”), che però propone solo contratti brevi, di uno o due mesi. La Fiom elegge le RSU sia in Isolfin sia in Humangest. Nel dicembre 2022 i lavoratori ottengono contratti non inferiori ai 6 mesi: contratti troppo brevi sono un problema per il rinnovo dei permessi di soggiorno, “è come vivere con una spada di Damocle della doppia precarietà (lavorativa ed esistenziale)”. A fine gennaio 2023 l’azienda sembra scomparsa: chiusa in seguito alla sindacalizzazione dei lavoratori? (Tempo prima Arcobaleno, impresa di pitturazione e sabbiatura, aveva iniziato a non pagare dopo l’elezione di una rappresentanza sindacale). IL 2 febbraio c’è uno sciopero di due ore, con blocco delle merci, che convince Fincantieri a intervenire presso Isolfin e Humangest per concludere positivamente la vertenza. In serata una quarantina di lavoratori vengono stabilizzati a tempo indeterminato, con passaggio dal contratto metalmeccanico a quello chimico. Il contratto viene sottoscritto nella sala della RSU. Altri lavoratori di Humangest restano a tempo determinato.
7. Al Amin Rabby, Fincantieri: lavoro migrante precario e appalti nella grande industria di Stato, “Gli asini”, n.s. n. 109 (luglio-agosto 2023), pp. 24-27
Nel 2020 se consideriamo tutti i cantieri navali della Fincantieri in Italia, abbiamo oltre 40mila lavoratori di cui poco più della metà (51,3%) italiani, il 16,9% provenienti dall’Unione Europea, il 31,4% di paesi non comunitari: i lavoratori originari dal Bangladesh sono il 18,9%, i rumeni il 12,7%. Nella ricerca sul campo, della durata di un anno (luglio 2021-giugno 2022), effettua 63 interviste con lavoratori bangladesi alla Fincantieri di Monfalcone e Marghera. “Il regime lavorativo per i bangladesi occupati in Fincantieri ha tre caratteristiche rilevanti. Primo: il processo lavorativo è organizzato attraverso intermediari e aziende in appalto che selezionano i lavoratori e li controllano durante il lavoro. Secondo: il controllo del lavoro avviene anche fuori dal cantiere, nella comunità. Terzo: le politiche migratorie limitano la possibilità di mobilitazione e di cambiare lavoro attraverso le normative che regolano i permessi di lavoro” (p. 24).
Lascia un commento